La dottoressa della Unità di Riproduzione HLA Vistahermosa considera fondamentale che gli oncologi forniscano queste informazioni alle pazienti
L’interesse per la preservazione della fertilità nei pazienti sottoposti a trattamenti oncologici è in aumento. Le tecniche offerte oggigiorno dalla medicina riproduttiva forniscono soluzioni adeguate e alte percentuali di riuscita.
Ruth Sánchez, specialista della Unità di Riproduzione HLA Vistahermosa, durante il suo intervento al XII Congresso ANACER, tenutosi ai primi di marzo ad Alicante, ha fatto appello alla necessità che gli oncologi diano informazioni sugli attuali processi riproduttivi ai pazienti che in età fertile devono sottoporsi a trattamenti oncologici aggressivi che possono causare sterilità, in modo che possano avere l’opportunità di diventare madri una volta superata la malattia.
“Gli attuali trattamenti offrono per queste pazienti una probabilità elevata di avere figli, anche se si tratta di donne che hanno avuto il cancro in età infantile e che ha influenzato la loro fertilità”, ha detto la dottoressa. Tuttavia, si è rammaricata che “nonostante i progressi significativi che hanno rivoluzionato la Medicina Riproduttiva, in molti casi non si conoscono le opzioni per cui è fondamentale la loro diffusione”.
Il trattamento più comune e conosciuto per preservare la fertilità in questi casi è la vetrificazione degli ovuli della paziente prima di iniziare un processo di chemioterapia o radioterapia, afferma la Dottoressa Sánchez, “una volta superata la malattia, si fecondano e si trasferiscono nell’utero della donna”. Uno dei principali vantaggi che questo offre è “la alta sopravvivenza degli ovuli, e inoltre non genera molti interrogativi scientifici, etici e religiosi, come si può verificare con il congelamento di embrioni già fecondati”.
L’esperta della Unità di Riproduzione dell’Ospedale HLA Vistahermosa ha sottolineato che “bisogna diffondere queste tecniche non solo come una possibilità di diventare madre, ma anche da un punto di vista psicologico, dal momento che da alle pazienti una significativa proiezione di futuro, le aiuta ad aumentare la speranza che c’è vita dopo il cancro”. A questo proposito ha insistito che “è essenziale fornire queste informazioni e che i professionisti in oncologia siano informati e consapevoli in modo che considerino come un aspetto prioritario”.