Se ci chiedessero: perché la genetica è così importante nella medicina della riproduzione? La risposta sarebbe molto semplice: perché accompagna i professionisti della riproduzione e i pazienti in tutte le fasi del trattamento, dalla prima consultazione alla nascita del bambino.
Quasi il 20% dei problemi di fertilità ha una spiegazione genetica. Durante il consulto sulla fertilità, di solito vengono richiesti dei test per scoprire se esiste o meno una base genetica per spiegare il problema di cui soffre la coppia. Uno di questi è il cariotipo, che permette di studiare i cromosomi e la loro struttura, permettendo di individuare le anomalie cromosomiche che causano infertilità. Queste alterazioni cromosomiche possono portare, nel caso delle donne, a ripetuti aborti spontanei, all’insufficienza ovarica o al fallimento dell’impianto e, nel caso degli uomini, a gravi alterazioni della qualità seminale o alla sterilità dovuta all’azoospermia. Altri test complementari sono lo studio delle trombofilie ereditarie nelle donne e la FISH degli spermatozoi, lo studio delle microdelezioni del cromosoma Y e della frammentazione del DNA dello sperma negli uomini.
Attraverso i test genetici, saremo in grado di effettuare una diagnosi dell’embrione prima dell’impianto nell’utero materno. Il test genetico preimpianto per l’aneuploidia (PGT-A) ci permetterà di selezionare gli embrioni privi di anomalie cromosomiche, mentre con il test genetico preimpianto per le malattie monogeniche (PGT-M) identificheremo gli embrioni privi di una specifica condizione ereditaria. Anche nelle coppie che non hanno problemi di fertilità, la genetica ci aiuterà nell’obiettivo di avere un bambino sano a casa. Secondo alcuni studi, il 2-3% delle coppie è a rischio di avere una prole affetta da malattie ereditarie, per cui è importante effettuare test che ci permettano di sapere quale membro della coppia è portatore di una particolare mutazione patogena. Pertanto, nel caso in cui sia necessario ricorrere a gameti di donatori, verrà effettuato uno screening di base del donatore per assegnare un donatore che non sia portatore delle stesse varianti genetiche. Questa procedura, nota come matching genetico, riduce il rischio di trasmissione di malattie ereditarie alla prole.
Quando c’è già una gravidanza, il test prenatale non invasivo (NIPT) permette, a partire dalla 10a settimana di gestazione, di studiare il materiale genetico dell’embrione libero nel sangue materno, indicando se c’è un alto rischio che il feto possa avere la Sindrome di Down, la Sindrome di Edwards o la Sindrome di Patau, tra le altre.
José Andrés Avilés Martí